I 10 artisti indie italiani del 2019: Giorgio Poi, Coma Cose, Clavdio

In questi ultimi anni l’indie è stato superato dal rap e dalla trap. Ma la sua forza è proporre generi per diverse esigenze. Ecco i 10 artisti indie italiani del 2019!

L’indie italiano non è morto. Si è solo modificato. Ha cambiato pelle, trascinato dalle mode e dai nuovi punti di riferimento. Calcutta, Pinguini Tattici Nucleari, Gazzelle sono solo alcuni nomi che oggi guidano la riscossa indie. Cantautori, o presunti tali, band più o meno folkeggianti, gruppi che ancora fanno rock vecchio stampo. Il panorama come sempre è variegato e interessante, l’obiettivo è quello di far da contraltare a quel nuovo movimento rap/trap che inonda le playlist di Spotify.

Dopo aver elencato quelli che secondo il nostro parere sono le future Next Big Things del mondo rap è giunto il momento di dare uno sguardo anche dall’altra parte della barricata, per capire quali artisti indie italiani ci terranno compagnia nel 2019. Artisti ancora semi sconosciuti che per ora riempiono a stento i club, ma, possiamo giurarci, in breve tempo vedremo calcare palcoscenici più importanti. Siete pronti a scoprire i 10 artisti indie italiani che esploderanno definitivamente nel 2019?

Coma_Cose

Forse possiamo apparire un attimo paraculi, ma ci piace partire con delle certezze. Chi sono i Coma_Cose? La loro biografia su Spotify parla di due commessi milanesi, non due colleghi qualunque. Lui già nel giro dell’indie con il progetto “Edipo”, lei dj techno-drum ‘n bass con il moniker “California DJ”. L’esordio è un botto pauroso. “Anima Lattina”, singolo dell’EP “Inverno Ticinese”, è una dichiarazione d’intenti: sperimentazione, musicale e testuale. Il mondo di Coma_Cose è un coacervo di emozioni contrastanti. Ci trovi malinconia, gioia, Milano da non bere, giochi di parole spiazzanti, riferimenti ai maestri del pop. Ma soprattutto classe, tanta classe. Nelle basi, nella voce angelica e inquieta di Francesca, nei beat di Fausto Labluerangoma, nelle soluzioni ritmiche. Genere? Indefinibile: pop, rap, urban. Una sola cosa è certa: il loro disco Hype Aura, uscito a Marzo, è già un piccolo gioiello da collezione. In rampa di lancio, o forse già in volo.

Bluerango

Altra scheggia indie che strizza l’occhio al mondo rap. Anni di lavoro sotterraneo nella Bologna capitale dell’alternative e finalmente le prime pubblicazioni su Youtube e Spotify. Progetto interessantissimo: un MC, un beatboxer, una band e una cantante tanto brava quanto sensuale. L’esordio verso il grande pubblico è micidiale. Ascoltare “Capezzoli Magnetici” e provare a non battere il tempo con qualsiasi arto a vostra disposizione. La produzione è eccellente, il video accattivante, il testo convincente. Non ci sono album all’orizzonte, per ora una serie di singoli attraenti il giusto per generare un po’ di hype prima del grande salto. Ci puntiamo per i 10 artisti indie italiani del 2019.

Sex Pizzul

Chi scrive cerca da sempre qualsiasi commistione che possa unire le sue due grandi passioni: calcio e musica. Operazione complicata, dovuta a due mondi apparentemente siderali l’uno dall’altro. Poi arriva un gruppo da Firenze che decide di unire i rudimenti punk con il cognome del telecronista più amato d’Italia. I Sex Pizzul propongono un disco punk micidiale, batteria sgangherata e synth d’annata. Ne escono dei pezzi memorabili, come tutto l’album d’esordio “Pedate”, possibile colonna sonora degli highlights di domenica sera. Il tema di sfondo è calcio vero, emotivo: favola Leicester (“Go Foxes”), Batistuta (“Irina te amo”), St Pauli, il programma di Rai 2 “Dribbling” (“Stadium”). Il suono è roba da dance-hall infuocate. Da poco nell’etere il nuovo singolo “Mounir”, che anticipa il secondo album “Anticalcio”, a metà tra Gogol Bordello e una festa di paese alcolica. E spacca tantissimo.

Gobbi

Restiamo in tema calcistico e torniamo nelle viscere della Romagna. Abbiamo detto Romagna, perché Gobbi viene da Cesena anche se si esibisce talvolta in qualche piazza di Bologna. Bologna, che è Emilia e non Romagna. Specificare è d’obbligo perché l’esordio di Gobbi, “Bologna Merda”, gioca sul dualismo da ultras tra le due città. “Cesena amore mio, Bologna merda”, cita il giovane cantautore, chitarra in mano e maglia dell’idolo cesenate Salvetti sulle spalle. Aldilà di queste considerazioni di contorno il materiale per valutare sembra poco, pochissimo. Arrangiamento povero, voce leggera, testo romantico. Siamo certi che questo video non passerà inosservato e quando tra poco approderà su Spotify farà incetta di ascolti. E’ una scommessa bella e buona, ma le premesse ci sono tutte.

Bytecore

Nome per anime da rave party. Nome che difficilmente gli amanti dell’it pop segneranno sulla propria agenda. Bytecore è un progetto che arriva dalla Basilicata e all’attivo ha già un primo posto all’Arezzo Wave 2018. Comprende una batteria, un synth e una chitarra/basso, tre elementi che si fondono in tinta industriale per dar vita a un flusso di rumore assordante. Definire un genere è operazione alquanto ardua, l’elettronica urban sicuramente fa da cerimoniere nella festa rumorosa dei ragazzi di Potenza. Niente voce, solo i tre strumenti a regalare un viaggio spazio-temporale in epoche future indefinite. “1950 DA” è singolo e video manifesto, con quelle maschere antigas che richiamano gli elefanti electro-punk dei Death From Above 1979, paladini della dance marchiata rock. Se non è una dichiarazione di intenti poco ci manca.  Meritatissima una menzione nei 10 artisti indie italiani del 2019.

Cimini

Non è nome nuovissimo, già un paio di dischi all’attivo di cui l’ultimo, “Ancora meglio”, ha avuto un ottimo impatto nell’ambiente indie italiano. Cosentino di nascita, bolognese (guarda caso) d’adozione, Cimini abbina l’essenza dell’idolo concittadino Brunori Sas agli insegnamenti dei cantautori nati e cresciuti sotto lo sguardo della torre degli asinelli, Luca Carboni su tutti. Il mood ricalca un pop tutto italiano, ripercorrendo le orme di Gazzelle più che di Calcutta. Il singolo spacca classifiche, “La legge di Murphy”, è godibilissimo e il disco lo accompagna più che dignitosamente. Indie italiano che esploderà nel 2019? Noi diciamo di sì per tre motivi: talento, una label a supporto di tutto rispetto (Garrincha) e le amicizie con mostri sacri del settore, Calcutta e Lo Stato Sociale su tutti.

Tin Woodman

Band per palati fini: retromania eighties, riverberi elettronici, cori sixties, testi in inglese. A metà tra Temples e Tame Impala il gruppo fondato da Simone Ferrari e Davide Chiari probabilmente non riempirà i palazzetti di adolescenti ma finirà per inserirsi nel novero delle cose migliori Indie del 2019. I due non sono personaggi venuti dal nulla, anzi. Per entrambi un passato di classe in due band che non hanno lasciato il segno ma prodotto comunque musica ad alta qualità nei meandri della pianura padana: Jules not Jude per Ferrari e Alley per Chiari. Il loro debutto nel 2017 con l’ep “Metal Sexual Toy Boy”, da cui l’omonimo singolo perla electro-rock di rara bellezza. A fine 2018 il lancio del loro primo album, “Azkadellia”, ed ora un lungo tour che li sta facendo scarpinare per tutto lo stivale. Ci ripetiamo: per palati fini, ma è tanta roba.

La rappresentante di lista

Probabilmente nulla di nuovo per gli amanti del genere, ma la segnalazione de La rappresentante di lista è d’obbligo. Dopo due album apprezzati dalla critica nel 2018 è arrivato il terzo episodio chiamato “Go Go Diva”, vera e propria consacrazione per il collettivo siculo-toscano. L’upgrade è notevole sia a livello stilistico che compositivo. La scrittura mantiene una tensione teatrale, supportata dall’erotismo della voce di Veronica Lucchesi. La femminilità quasi ostentata nei temi e nel cantato rende l’atmosfera calda e magnetica, creando suggestione crescente ad ogni ascolto. Con le elezioni che incombono una simile rappresentante di lista è il massimo che potrete concedervi.

Clavdio

A guardarlo non gli daresti un euro. E ci si sbaglia di grosso perché dietro quella sua impostazione da metalmeccanico di periferia Clavdio ha talento e un “Cuore” grande da trasformare l’improbabile in musica godibile. Pop da camera, malinconico fino a diventare comico nell’assurdità delle trovate compositive. Stando a ciò che si dice sul web Clavdio ha lanciato il suo disco “Togliatti Boulevard” se non di nascosto, quasi. Il suo datore di lavoro nemmeno sapeva che il nostro eroe suonasse e si è trovato ad ascoltare la voce del suo sottoposto su Radio Deejay. Probabilmente nemmeno lui avrebbe giocato un euro su quello che invece si dimostrerà un cavallo di razza, ne siamo sicuri.

Giorgio Poi

E’ ora di finirla. Giorgio Poi merita un successo ben più corposo di quello a cui abbiamo assistito fin d’ora. Dopo i ritornelli strappa like regalati a Carl Brave e Frah Quintale è ora di dare il giusto merito a “Smog”, disco uscito da un paio di mesi, adorato dalla critica ma non giustamente incensato dal pubblico. Se c’è un artista indie in grado di prendersi sulle spalle l’onere di portare avanti la tradizione pop tricolore, questo è Giorgio Poi. “Stella”, “La musica italiana” e “Vinavil” sono tre perle che probabilmente necessitano di alcuni ascolti reiterati per entrarvi nelle vene, proprio perché estremamente studiate anche negli accordi più semplici. Ma quando la grazia della sua voce inizierà ad occupare i vostri neuroni scoprirete che sarà difficile liberarvi di lui per tutto il 2019.

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