
Lo street artist italiano Cibo, porta avanti un’opera civica di spessore: coprire la simbologia nazifascista con disegni alimentari. Ecco l’intervista!
Che i muri parlino è risaputo. Battute, dichiarazioni d’amore, strafalcioni, politica, brutture. La cosiddetta pancia della gente che si esprime a suon di scritte amatoriali, slogan e simboli discutibili. Poi arrivi nel veronese e scopri che i muri stanno assumendo un’anima sempre più culinaria ed artistica. Merito di Cibo, al secolo Pier Paolo Spinazzè, street artist italiano che sta riscrivendo il concetto di opera civica. Già, perché l’artista veronese non cerca muraglie sgombre per esprimere la sua arte. No, il buon Cibo sceglie di scatenare le sue bombolette coprendo svastiche, croci celtiche e qualsiasi simbologia nazi-fascista. La mano eroica di cui avevamo bisogno.
Ironia per combattere l’odio
Dove c’erano svastiche ora troviamo angurie, al posto di croci celtiche salamelle, pomodori, mozzarelle e molto altro. Una varietà alimentare in salsa cartoon che rapisce lo sguardo e scatena quel sorriso, laddove la terribile simbologia ricoperta creava disagio. Cibo ovunque, colorato, di impatto, positivo. Sarcasmo e genialità al servizio della comunità, perché l’obiettivo dichiarato è “vanificare i gesti di odio con un’arma decisiva per chi cultura non ha: l’ironia!”.
Alcune amministrazioni comunali non condividono
E ci riesce molto bene Cibo, ormai nel mondo della street art italiana (qui trovate altri suoi colleghi) da più di vent’anni. Realizza le sue opere in barba alle provocazioni degli odiatori seriali (“ho una svastica storta incisa sul portone di casa”) e di qualche amministrazione comunale non proprio soddisfatta del suo operato. “La cosa che fa più male è vedere che questi ‘funzionari pubblici’ cerchino di usare gli organi della Repubblica Italiana per promulgare odio”, cecità celata sotto la fascia tricolore.
Più Cibo, meno svastiche!
Nonostante questi incidenti di percorso però l’avventura di Cibo procede a vele spiegate. Progetto nato nel 2008, con un wurstel a copertura di una scritta di cattivo gusto, ora è diventato un punto di riferimento nel mondo della nobile arte street. Ma non solo. L’artista veronese si occupa anche di packaging, adesivi e grafiche varie. Con una sorpresa prevista a breve: “un gioco in scatola molto sapido!”. Di seguito, potete leggere la nostra intervista a Cibo: uno dei nostri street artist italiani preferiti. Buona lettura e ricordate: Più Cibo, meno svastiche!
Ciao Pier Paolo. Anzitutto voglio sapere: perché, come soggetto per cancellare i simboli neofascisti, è stato scelto proprio il cibo?
Facendo arte pubblica in campagna, dovevo trovare un linguaggio comprensibile, condivisibile, leggibile, ma che allo stesso tempo mi desse modo di approfondire. Il cibo per noi italiani è importantissimo, rappresenta territori, tradizioni, tipicità, ed è l’orgoglio nazionale che ci unisce. Siamo l’unico popolo al mondo che mentre mangia parla di cosa ha mangiato o cosa mangerà. La torta della mamma è buona, ma anche il kebab alle 3:00. A tavola si stringono gli accordi di lavoro, ci si innamora e si sta in silenzio.
Un detto recita “quando è ora di decidere è pronto in tavola”. L’Italia se è da qualche parte è a tavola! Cancellare l’odio con gli alimenti è stata una gustosa scoperta anche per me, e ha funzionato per diversi aspetti, ma la prima cosa principale è che il “buono” copre il “cattivo”!
Come è iniziata la tua carriera?
Sono in strada 22 anni con diverse firme, ognuna con il suo stile e la sua comunicazione, ma una decina di anni fa è nato Cibo ed è un progetto che mi sta dando molta soddisfazione. Nasco come designer, perciò amo le sfide dei clienti. Secondo me un artista senza mecenati non sarebbe incentivato alla curiosità. Inoltre Cibo ha dei valori che sono condivisi anche dalla committenza, perciò si crea un ambiente di lavoro molto stimolante. Per ora mi sto occupando di murales, ma faccio anche packaging, grafiche, adesivi, e con l’anno nuovo uscirà anche un gioco in scatola molto sapido!
Cancellare l’odio con gli alimenti è stata una gustosa scoperta anche per me, e ha funzionato per diversi aspetti: l’insegnamento principale è che il “buono” copre il “cattivo”!
Ho lavorato tanti anni nella realtà del veronese. Ho vissuto una comunità chiusa e campanilista. E’ molto simile alla mia realtà, Brescia, e al resto del nord Italia, dove i partiti neo-conservatori raggiungono consenso. Credi ci sia un senso di superiorità in questo sentire o è solo chiusura verso l’estraneo?
Non sono cattivi, è che a qualcuno devi spiegare perché una battuta razzista non fa ridere e che il Veneto è Italia dal 1866. Questa non è superiorità: è ignoranza collettiva gestita da persone incompetenti. Se uno è bravo lascia parlare i risultati, non gli slogan; i cittadini devono essere rassicurati ed educati dai loro leader, non aizzati all’odio. Si è perso il senso del limite, il valore della parola, il rispetto delle istituzioni…tutto ha il ritmo dei post. Nella mia Verona l’odio è accettato, si liquidano come “ragazzate” i saluti romani in consiglio comunale, i pestaggi.
Da anni stiamo assistendo ad un impoverimento culturale preoccupante, l’oppio di questa società è un benessere irraggiungibile. Ma si può curare: con la cultura! E’ un lavoro lungo ma molto importante. Per statuto sono ottimista, ed è pieno di gente brava! Lo si vede tutti i giorni nell’associazionismo, nel volontariato e in tutti quei gesti meno appariscenti della street art.
Con la tua attività sui social smascheri anche coloro che non vorrebbero che quei simboli venissero cancellati. Subisci tante minacce?
Le minacce sono all’ordine del giorno, ho una svastica (storta…) incisa sul portone di casa e più volte i miei genitori si sono trovati sorprese al loro domicilio. Sono codardi, ma anche stupidi e violenti. Bisogna evitare determinati luoghi e prendere alcune accortezze, ma non ho paura. Sono vigile, quello sì. Comunque non combatto contro degli strateghi, io non vorrei mai trovare mia madre incazzata!

Se uso i social e sono qui a rispondere alle vostre domande è perché l’idea può funzionare altrove. Altri artisti devono scendere nelle strade. Essere gli “eroi di quartiere” che altre città aspettano.
Che rapporto hai con le giunte comunali? Abbiamo letto di alcune diatribe per il tuo operato, come si sono concluse?
Ahahahha! Sindaci, consiglieri comunali, mezz’uomini prestanome… la lista è lunga, ma non hanno capito che l’odio è il mio ingrediente segreto! Più me ne danno, più la ricetta diventa saporita. Ho un avvocato fantastico, che assieme ad altri amici rendono la “brigata di cucina” più strutturata e ogni attacco è occasione per provare nuove tecniche. Pivelli! La cosa che fa più male è vedere che questi “funzionari pubblici” usano gli organi della Repubblica per promulgare odio. Un modo di fare politica vile, senza valori e molto pericoloso.
Il fatto che spesso una tua opera venga nuovamente deturpata ti esalta o ti infastidisce?
Non mi esalta, e mi infastidirà sempre, ma della stupidità ne ho fatto un plus! Il gesto di rovinare un murales non ha scusanti, è un’opera d’arte pubblica, perciò di tutti, non mia. Comunque è un fattore da tenere in considerazione: ci sono murales progettati per essere rovinati. Intere ricette con l’odio come ingrediente principale, il cui risultato è il pubblico ludibrio di questi vandali e ha l’intento di educare la comunità.
Cosa faccio? Vanificare l’odio con l’arma decisiva per chi non ha cultura: l’ironia! Il loro odio, un’abbondante dose di perseveranza, una discreta capacità tecnica, sono state le fondamenta di Cibo. Li dovrò ringraziare sempre, senza di loro sarei ancora a disegnare la domenica con gli amici. Perciò GRAZIE FASCY!
Sei partito da Verona e provincia, ho visto che hai fatto tappa in Thailandia e avrai disegnato in altre zone d’Italia e del mondo. Vuoi ampliare il tuo raggio d’azione o continuare a battagliare nelle tue zone d’origine?
Sembra strano, ma i muri finiscono in fretta. Amo le sfide, i sapori inattesi e le cotture strane. Viaggio volentieri, specialmente per disegnare cosa mangio. Ci tengo a battagliare qui a Verona, nel mio paese: un pò di campanilismo ci sta. Se uso i social e sono qui a rispondere alle vostre domande è perché l’idea è buona e può funzionare altrove. Altri artisti devono scendere nelle strade con il loro stile. Essere gli “eroi di quartiere” che altre città aspettano.
Ringraziamo Pier Paolo e Sara per la disponibilità. Intervista a cura di Gabriele Zangarini.