
Negli ultimi anni le sue immagini hanno fatto il giro del mondo. Alla scoperta di Luis Quiles, l’artista provocatorio che troviamo ovunque.
Qualche anno fa sulle bacheche Facebook di giovani amanti dell’arte iniziarono a comparire illustrazioni strane, dirompenti e dissacranti nel loro stile così come nelle argomentazioni. Topolino impegnato in un cunnilingus, un rabbioso bambino africano che azzanna una bibbia come fosse un sandwich, una donna affaccendata in una gang-bang dove al posto dei genitali maschili compaiono smartphone. Denuncia sociale ai tempi di Illustrator. Frecce scagliate contro la società contemporanea, contro la spettacolarizzazione della pornografia, contro l’epoca della comunicazione che isola promettendoci di socializzare. Erano i primi anni 10 e faceva così capolino nel mare magnum del web l’artista spagnolo Luis Quiles, meno conosciuto (dice lui) anche con il nome d’arte Gunsmithcat; nato nella provincia di Barcellona, più precisamente a Sabadell, è stato uno dei mattatori della piattaforma di condivisione artistica gratuita DeviantArt.
Oggi, una manciata di anni più tardi, i lavori di Quiles imperversano ancora sui social network. Perché, ironia della sorte, sono proprio quei canali tanto osteggiati a consacrarne l’arte. Basta farsi un giro su Facebook per vedere la quantità di pagine e profili che condividono le opere di Quiles. Tutto questo fa sorridere, da una parte la condivisione sistematica proietta l’illustratore verso il successo e dall’altra il mondo social elegge ad artista imprescindibile un denigratore seriale dello stesso. Cambiano gli utenti e i promotori (perché, si sa, Facebook è oramai un paese per vecchi) ma non cambiano le accuse: pornografia social-e, guerra, malnutrizione, fame, povertà, attacchi alle multinazionali. Tutto ripreso con l’obiettivo di sconvolgere l’utente e portarlo alla condivisione per lavarsene le mani. Condivido quindi non sono; peccato che le bacheche poi dimostrino l’esatto contrario, riportando la ragione nel pensiero dell’artista.
La sua filosofia
Pesante, pesantissima la sua critica ai social network, benché, come già comprovato, sia il suo vero strumento per diffondere le opere. Dalla punta della matita di Quiles nascono spesso rappresentazioni con il compito di attaccare l’ossessivo narcisismo di noi tutti. Instagram, Facebook, Twitter, la nostra vita privata buttata in piazza con il solo obiettivo di raccattare like. Una, due, tre volte e il gioco è fatto, condividendo immaginiamo di essere circondati da innumerevoli amici per poi scoprirci soli con il nostro smartphone in mano e seri problemi di cervicale. Quiles non ci sta e ci propone una ciotola per cani piena zeppa di “pollici in su” oppure quella donna di inizio articolo, impegnatissima nel soddisfare i telefoni di uomini nudi. Nessuna pietà nemmeno per il mondo religioso, così ingarbugliato tra l’eterno dogma della rinuncia sessuale e le fantasie più disparate. Vediamo quindi un Papa eccitato sculacciare un’adolescente con bibbia tra le dita, un prete-insegnante ammonire una ragazzina in gonnellina per aver osato pensare al sesso o un religioso con un crocifisso anomalo, dove il canonico Cristo è sostituito da una donna quasi completamente nuda. Immancabile anche l’attacco al macrosistema sociale, che divide la società tra ricchi e poveri, tra chi decide e chi subisce. Che a subire poi è sempre la donna, essere umano che Quiles rappresenta come inferiore per solo volere di uomini violenti e retrogradi. Donne al ferro da stiro in bikini tenute ben legate dal maritino con una catenella oppure, tornando al tanto caro tema della gang bang, circondate da microfoni ai quali non poter parlare per via di uno sctoch crittografato sulla bocca. Messaggio: “Free expression?”. Tra i più deboli ovviamente anche i bambini, riprodotti come vittime delle pazzie dei grandi: ragazzini con kalashnikov in mano, bimbe che subiscono infibulazioni, piccoli con arti amputati. Inevitabili anche le bastonate ai politici più potenti del pianeta, da Trump in versione bagnante con paperella-Hitler a Berlusconi immortalato davanti a 6 modelle nude (e un’ombra che gli restituisce un profilo porcino), passando per un Maduro dal baffo che recita “Asshole” e Putin alle prese con una Pussy Riot. Un mondo, quello di Luis Quiles, che ci vuol indignare immagine dopo immagine, provocazione dopo provocazione.
Le critiche
Un messaggio così fastidioso non poteva chiaramente passare indenne tra le maglie della critica benpensante. Le opere sono pugni negli occhi e nello spirito; dice lui di essere cresciuto in un ambiente di sole donne, donne forti come i tratti dei suoi personaggi e i colori focosi delle tavole. Un Almodovar della matita. Accusato di strumentalizzare la cattiveria, spesso è stato invitato a chiudere la sua produzione. Ma la violenza è il motore della società contemporanea e il suo proliferare nella ‘devianza’ il grande esempio della deriva di oggi. In un’intervista al Fatto Quotidiano Quiles ragiona anche sull’utilizzo dei social, da una parte accusati nei suoi lavori e dall’altra utilizzati per la sua promozione: “la tecnologia ha cambiato il nostro modo di comunicare ma non penso che sia peggio ora del passato, è semplicemente differente. Nelle grandi città ancora oggi ci sono problemi di comunicazione. Da un lato con internet è più semplice, dall’altro è più facile anche isolarsi dalla realtà, restare quindi soli”.
I progetti
Sulle sue pagine social è possibile trovare l’elenco completo delle sue opere, dove violenza, sesso e povertà si caricano di significati inquietanti. La pagina Facebook “Luis Quiles Artworks” conta quasi 250.000 followers, mentre il profilo Instagram “quiles_artworks” ne raccoglie quasi 85.000. Nel 2015 Quiles è riuscito a pubblicare un artbook con tutti i lavori eseguiti dal nome “Revolutionary Road”, il tutto grazie ad una campagna di crowdfunding che, ovviamente, ha raggiunto il budget prestabilito in poco tempo. Successo di pubblico garantito e progetto bissato l’anno successivo con la pubblicazione di “Riots”, una retrospettiva (amara) sul ruolo della donna nel 21esimo secolo. Nel 2017 ha realizzato la copertina dell’International Erotic Film Festival di Torino. Da quello che trapela sui suoi profili sembra sia tutto pronto per un nuovo giro di giostra, ma la riservatezza resta massima. Nel caso noi siamo ben felici di attendere ciò che la mente dissacrante di Luis Quiles ha pensato per questo 2019.