
E’ uscito il nuovo album di Sfera Ebbasta: Si intitola “Famoso” e ha ambizioni grandiose. Ci avrà soddisfatto? Ecco la recensione
Famoso è il Going Global secondo Gionata Boschetti. Perché non bastava Forchielli a farci sentire dei provinciali. L’ultima fatica del rapper di Cinisello ha una grande aspirazione: internazionalizzare il proprio business. Rendere scalabile la trap italiana, elevando gli “Ya” e gli “Sku Sku” a tormentoni universali. Sì, Sfera Ebbasta vuole entrare dell’olimpo delle star internazionali. Sbaglia a provarci? Assolutamente no, anzi, la sua è un’ambizione molto sensata.
Vi ricordate quando intonava “Ciny” dagli androni fatiscenti di Crocetta? Sembra una vita fa, ma era il 2015. In soli 5 anni, il trapper ha collezionato una sequela di successi impressionanti. Il suo precedente Rockstar (2018), è l’album italiano più venduto degli ultimi 10 anni. Sfera Ebbasta rappresenta una rivoluzione per l’industria musicale del nostro paese. Nelle classifiche, ha polverizzato il successo di mostri (più o meno) sacri come Jovanotti, Vasco o J-Ax. Gente che riempie gli stadi e ha decenni di carriera alle spalle. A questo punto, perché non sfidare Drake e compagnia cantante?
Fino a qui tutto bene. Bella per Sfera. Le premesse per il grande album c’erano tutte: tre anni di gestazione, respiro internazionale e una lista di featuring da far invidia a @ChampagnePapi (che però è il grande assente). Poi il battage pubblicitario in pompa magna. E allora vai di documentari, monografie, mostre, capsule, product placement e perfino una piazza intitolata. Ok, ma il nuovo disco come suona? E cosa avrà da dirci Sfera Ebbasta di così importante? Ecco, lì cominciano i problemi.
Il nuovo album di Sfera Ebbasta a Time Square (NY)
Recensione Famoso: Come suona il nuovo album?
Il clamore finisce dove cominciano le canzoni. 13 tracce, il cui obiettivo è toccare più generi, immaginari e culture possibili. Eclettismo spinto al limite: si passa dall’ emotional di Bottiglie Privé, al reggaeton di Baby, al pop-rock di Hollywood, fino alla world music di Salam Alaikum. Ce n’è per tutti i gusti: Famoso può (deve?) funzionare nei 5 continenti diversi. Ricordate, no? Scalabilità. Peccato che, nel complesso, la tracklist suoni parecchio sfilacciata. A far quadrare i conti ci prova Charlie Charles (qui promosso a “direttore artistico”) e che fa quel che può sulla tenuta delle produzioni. È comunque un’easy-listening nella norma. Sono lontani i tempi in cui la coppia Sfera-Charlie imponeva alle radio il loro sound alieno. Peccato, ma – spoiler – la parte musicale è ancora il male minore.
I featuring di Famoso? Sono “Ok”
Va meglio la scelta dei featuring, nel complesso azzeccati. C’è l’anima latina (J Balvin), la dance commerciale (Diplo, Steve Aoki), i maestri statunitensi (Future, Offset) e quelli nostrani (Marracash e Gué). Apprezziamo soprattutto l’equilibrio: niente ammucchiate, con Sfera Ebbasta che si riserva sei canzoni da solista. Promosso J Balvin – il cui contributo sembra sincero e divertito – e Offset, che sfoggia un flow da paura. Coraggiose le scommesse sul marocchino 7ari e il giovane Lil Mosey. Gli altri offrono performance abbastanza dimenticabili.
Famoso: La banalità del (fatto) male
Il focus dell’album è telefonato fin dal titolo. Il successo che travolge, i soldi che non fanno la felicità, le ragazze a fiumi che dopo un po’ stancano. Cronache di una celebrità, diapositiva della vita di un rapper… Famoso. Ma cosa ha imparato Sfera Ebbasta dal successo? Di attività ne ha intraprese parecchie: giudice di X-Factor, ristoratore, imprenditore, testimonial. Molto contenti per lui, ma quando la musica scivola in secondo piano a risentirne è la scrittura. Così arriviamo alla principale debolezza dell’album. Famoso è un collage di banalità disarmanti, che potremmo riassumere in 3 macro-concetti: “Siete tutti invidiosi”, “Ho fatto i soldi” e “La fama ha anche lati negativi”. E no, è un po’ poco per chi si propone come il leader di una scena musicale. A maggior ragione quando aspiri al tetto del mondo.
Davvero dobbiamo sorbirci rime come “Troppi cavalli questo Panamera/ Tipa dal Venezuela/ Uh, yah, macarena”? A sto giro passiamo oltre e ci dispiace. Nessuno pretendeva il Dolce stil novo, ma lo Sfera degli inizi era una validissima promessa. I primi due album (XDVR e Sfera Ebbasta) regalavano efficaci istantanee della vita tra le case popolari. Storie di bravi ragazzi nei brutti quartieri, imprenditori senza diploma, madri che piangono e figli che crescono troppo in fretta. E pazienza se qualche congiuntivo non tornava. Oggi peraltro non tornano ancora, con l’aggravante di una totale mancanza di contenuto sociale, umano, personale.
Le dico: “Ti amo” e non provo niente / Volevo una tipa, queste modelle / Me la danno in fretta e non mi danno niente
Lei mi dice: “¿Papi, qué lo que?” (¿Qué lo que?) / Rispondo: “Scusa, ma sto pensando al cash” (Pow, pow, pow, pow, pow, pow)
Contenuta in “Macarena”, Sfera Ebbasta, 2020
Sfera, non basta!
E così, mentre i suoi colleghi crescono e studiano, Sfera Ebbasta resta a guardare: si gingilla in sogni californiani e perde mordente. Che poi è uno dei grandi pericoli del diventare Famoso. L’accomodarsi sul trono, pensare di costruire successi grazie a marketing + featuring, senza lavorare sull’unica cosa che, in fin dei conti, conta sul serio: le canzoni. E invece di fissarsi il Rolex, arrivando alla conclusione che “pensavo rendesse migliore il mio tempo” (ma guarda un po’), consigliamo a Sfera di consumare le ore in modo più produttivo. Leggendo, ampliando il vocabolario, lavorando sulla sua arte. Va bene il Going Global, ma vuoi mettere la soddisfazione di fare buona musica?